La barca romana di Ercolano (NA) – Restauro scientifico e musealizzazione

Brevi cenni storici. Agli inizi degli anni Ottanta del Novecento, grazie a un’intuizione dell’allora Direttore degli Scavi di Ercolano Giuseppe Maggi, l’esplorazione archeologica nella città romana fu approfondita nel settore delle Terme Suburbane, fino a raggiungere la sabbia vulcanica dell’antica spiaggia, dove, il 3 agosto del 1982, iniziò a emergere dal fango vulcanico la chiglia di una barca rovesciata dalla furia dell’eruzione. Essa poggiava su uno strato composto da travi, pezzi di legno, tegole, coppi e materiale da costruzione trascinati dalle case della città fin sulla spiaggia dal primo flusso vulcanico. In particolare, alcune grandi travi che provenivano dai tetti e dai solai avevano sfondato la chiglia e avevano piegato il fasciame, rimanendovi incastrate. La barca fu poi sepolta dai flussi piroclastici, rimanendo sigillata in questa coltre di fango vulcanico che si indurí rapidamente garantendo, per via dell’assenza di ossigeno, la conservazione dei legni. Dopo le prime fasi di scavo, la barca venne rivestita da uno strato di gomma siliconica, sul quale poi venne applicata della vetroresina. Si creò cosí un guscio, che permise di contenere i resti carbonizzati ed evitare il collasso della struttura dell’imbarcazione. Quindi, dopo averla ribaltata e parzialmente svuotata, fu trasferita nell’area destinata alla futura musealizzazione.